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Il Consiglio Direttivo AVEC (Associazione Veterinari Esperti in Comportamento) ha scritto una raccomandazione, in vista del Capodanno, per sconsigliare l’uso dell’acepromazina nei cani fobici

Associazione Di Veterinari Esperti In Comportamento

L’uso di farmaci con la molecola acepromazina come principio attivo per trattare in fase acuta i problemi legati a paura/fobia dei rumori nei cani è molto frequente nella pratica clinica dei veterinari “generalisti”, nonostante non ci sia tale indicazione sul foglietto illustrativo. Questa pratica però non comporta un miglioramento delle condizioni del paziente, quanto piuttosto un probabile peggioramento del benessere del cane durante gli eventi traumatici.
AVEC (Associazione di Veterinari Esperti in Comportamento) sconsiglia l’uso di questo principio attivo come trattamento in cani con problemi di fobia ai rumori, motivando tale scelta sulla base delle evidenze scientifiche di numerosi autori.

La terapia farmacologica nei soggetti fobici dovrebbe essere indirizzata a:
– alleviare lo stato di malessere ed i sintomi ad esso correlati durante l’evento percepito come minaccioso
– coadiuvare un programma di modificazione comportamentale a lungo termine

La fobia è “una paura irrazionale e fuori proporzione rispetto al livello attuale della minaccia”. Si tratta diuna risposta esagerata, improvvisa, intensa e non graduale che si manifesta con un forte impulso a sottrarsi e scappare (Overall, 2013).
I comportamenti manifestati da un animale con fobia ai rumori corrispondono a quelli di una grande paura, ma con intensità esagerata rispetto all’intensità dello stimolo e possono essere: tremori, midriasi, polipnea, tachicardia, scialorrea, ipercinesi con tentativi di fuga o ricerca di luoghi nascosti, urinazione e/o defecazione, distruzioni, talvolta aggressività.
L’effetto che tradizionalmente si cerca con l’uso della acepromazina è quello di non scatenare tali reazioni di paura in presenza dello stimolo fobogeno, in questo caso i rumori forti. In realtà il meccanismo di azione di questa molecola consiste nel blocco dei recettori dopaminergici nei gangli basali e nel sistema limbico, associato a depressione del SNC con sedazione e incoordinazione motoria. Tuttavia l’acepromazina aumenta la sensibilità dei cani ai rumori ed essendo un agente dissociativo altera la capacità del cane di processare e comprendere il rumore e la sua risposta allo stesso rendendo il cane di conseguenza più ansioso (Overall, 2013). Cani già fobici ai rumori vivono un profondo stress quando esposti allo stimolo fobico e si sensibilizzano ulteriormente (Clough, 1982).
Il risultato che si ottiene con la somministrazione di acepromazina è un cane sedato solo dal punto di vista motorio che continua a percepire (anche in modo amplificato) lo stimolo minaccioso e quindi ad esserne impaurito, senza riuscire a mettere in atto alcun tentativo di fuga.
Ulteriori possibili complicazioni dei farmaci neurolettici fenotiazinici sono l’eccitazione parossistica e l’effetto disinibitorio sulla aggressività che può rendere il cane pericoloso anche per i proprietari stessi (Crowell-Davis & Murray , 2006).
Per questi motivi AVEC sconsiglia totalmente l’uso della acepromazina, soprattutto come trattamento unico o addirittura preventivo per animali con fobia ai rumori, così come sconsiglia tutti i metodi basati su punizioni fisiche e sul flooding, cioè sull’imporre al cane di permanere a contatto con lo stimolo che lo impaurisce.
Sono invece consigliabili farmaci più sicuri ed associati a terapie comportamentali che tengano conto dei principi dell’apprendimento e terapie di tipo preventivo
La raccomandazione di AVEC di non utilizzare l’acepromazina come farmaco per il trattamento dei cani fobici si unisce alla raccomandazione dei veterinari comportamentalisti di molti altri Paesi (ad es. la Spagna: vedi AVEPA-GRETCA).

Bibliografia
– AVEPA-GRETCA:
http://www.avepa.org/index.php?option=com_content&view=article&id=325:recomendaciones-delgretca-sobre-el-uso-de-la-acepromacina-en-problemas-de-fobias-en-perros&catid=3:newsflash
–  Clough G. (1982) Environmental effects on animals used in biomedical research. Biol. Rev. 57:487-523
–  Crowell-Davis S.L., Murray T. (2006) Veterinary Psychopharmacology. Blackwell Publishing, p.154
– Overall K.L. (2013) Manual of clinical behavioral medicine for dogs and cats. Elsevier, p. 474

(fonte AVEC)