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Litigi condominiali causati dagli animali domestici

FINO ALL’ULTIMO BATTITO: Il legame eterno tra me e i miei cani
04/10/2025

Cani in condominio

L’intolleranza verso tutto e tutti unita a una non sempre corretta conoscenza delle regole origina, con preoccupante ricorsività, pericolose diatribe condominiali che se non composte in tempo utile possono avere degenerazioni non sottovalutabili. Come quella di essere costretti a lasciare la propria abitazione perché sfiniti dalla conflittualità con uno o pIù vicini o come finanche ritrovarsi protagonisti, a seconda del “ruolo scelto”, in procedimenti penali i cui capi di imputazione potrebbero essere non trascurabili. Una conflittualità fomentata anche da proclami via social che rivendicano diritti (ancora) inesistenti in capo agli animali (in particolare mi riferisco ai cani) o che sono frutto di interpretazioni non proprio corrette di disposizione normative. Un paio di esempi. L’abbaio è un diritto del cane (falso storico); nel condominio posso fare quello che voglio perché nessuno può vietarmi di detenere un cane (assolutamente non vero). Invero assiomi del tutto privi di fondamento.
Il diritto di detenere animali è certamente riconducibile ad una esplicazione di un diritto della personalità dell’individuo ma può oscurare l’altrettanto sacrosanto diritto di ciascun altro condomino a condurre una vita serena e tranquilla. Senza dovere vivere nel terrore di incontrare il cane di Tizio, Caio o Sempronio, magari senza guinzaglio, nonostante la sua nota e (già) manifestata indole ad attaccare chiunque incontri sulla sua strada. E quando lo spazio si riduce ad un pianerottolo le conseguenze potrebbero essere importanti. Esiste, questo si, il diritto di ciascuno a non sentire per ore e ore il guaito di un cane che attende disperato il ritorno dei suoi compagni umani a casa e che ignorano evidentemente questo malessere del loro animale.
Possiamo davvero ritenere senza limiti l’abbaio di un cane? La Cassazione non poche volte ha confermato la condanna di proprietari di cani al risarcimento del danno alla salute in favore dei loro vicini di casa, originato da cupi ululati, nonché continui e fastidiosi guaiti, specie nelle ore notturne e di riposo. Dobbiamo renderci conto che non esistono diritti illimitati dovendosi sempre raggiungere -soprattutto in ambito condominiale- un contemperamento di diversi interessi. Nel caso che ci riguarda di chi vive con un animale e di chi, per mille motivi, ha scelto di non vivere con un animale.
Rimanendo nell’ambito delle cd. immissioni rumorose originate dall’abbaiare dei cani vero è che non qualsiasi rumore può essere contestato ma solo quello che superi la normale tollerabilità. Molti potrebbero interpretare non correttamente tale principio che troviamo all’interno del codice civile e precisamente all’art. 844. Tale interpretazione vedrebbe l’assenza di misurazioni fotometriche (peraltro costose) quale limite importante alla volontà di chi volesse agire in giudizio nei confronti di un vicino detentore di un cane “rumoroso”. Invero la suprema corte ha più volte inficiato questa convinzione. A tale proposito cito una recente sentenza (si tratta della sent. n. 32043 del 2025 della Cassazione penale) che si è occupata di una vicenda dove Tizio, incurante della quiete altrui, era solito prodigarsi nel produrre nelle ore notturne rumori anche ascoltando musica ad alto volume in danno della famiglia che abitava l’appartamento sottostante il proprio. Tizio eccepiva proprio la mancanza di un accertamento tecnico che certificasse il livello di immissione sonora. La Cassazione ha ricordato a Tizio che l’art. 659 cp (quello contestato a Tizio, disturbo della quiete pubblica) non presuppone che i rumori lamentati arrechino effettivo disturbo a più persone essendo sufficiente, invece, che la condotta sia idonea a ledere quiete e occupazioni di una pluralità di soggetti, anche se soltanto uno di essi si lamenta.
Il bene giuridico tutelato non è infatti il riposo di una persona specifica ma, spiega la Corte, la quiete pubblica e l’ordine pubblico. E’ dunque necessario -e allo stesso tempo sufficiente – provare che i rumori abbiano – astrattamente – la capacità oggettiva di disturbare una platea indeterminata e consistente degli occupanti dell’edificio (tutti gli occupanti o una parte, oppure una parte del vicinato). La responsabilità penale scatta indipendentemente dal numero di persone che – in concreto – hanno protestato e a prescindere dal fatto che siano state realmente disturbate. Occorre, cioè, la dimostrazione della c.d. diffusività e della percettibilità delle emissioni sonore.
In buona sostanza rendendo non obbligatoria la perizia fonometrica diventano, anzi possono diventare, dirimenti le testimonianze dei vicini e di chi a diverso titolo e ragione ha potuto percepire le immissioni.
Questo non vuole e non deve essere interpretato come campanello di allarme per ogni “abbaio”. Sarebbe “contro natura” in danno degli stessi animali. Ma vuole essere un monito per coloro che ritengono, pur sfuggendomi a quale norma si riferiscano, che a chi convive con un animale, sol per il fatto di condividerne un tratto di vita che ci auguriamo possa essere la più lunga possibile, tutto è permesso in virtù di quella tante volte richiamata evoluzione del rapporto uomo-animale che pervaderebbe il nostro contesto sociale. E allora, mi sia permesso ricordare che, oltre ad un benessere etologico esiste anche un benessere giuridico. Sempre in favore proprio degli animali domestici.

Avv. Filippo Portoghese
Diritto e tutela del benessere degli animali