Un cane scaraventato dal sesto piano di un palazzo da alcuni balordi forse perché infastiditi dalla sua presenza nel mentre portavano a termine un furto o forse solo per disprezzo. Una meticcia chiusa nel cestello di una lavatrice fino a causarle la morte per mano di altri balordi, sempre durante un furto in appartamento. Un gattino lanciato da un ponte da un ragazzino che ha voluto immortalare la propria follia con il cellulare.
Un cane massacrato di botte da parte di un gruppo di giovinastri senza alcuna ragione, che evidentemente non può esserci. Un cane lanciato da un camper appena rubato e che trova inevitabilmente la morte venendo travolto dalle auto in transito in quel momento. Un cane ucciso con una rasoiata alla gola. Un gattino torturato mortalmente e poi esposto all’interno di una busta di plastica e appeso ad un cassonetto dei rifiuti. Non meno tragica la fine di un altro gattino che viene fato annegare legandogli le zampine. Un gallo, adottato da una classe di una scuola materna che se ne prendeva quotidianamente cura, trovato impiccato all’interno del giardino dell’asilo. E si potrebbe continuare, lungamente.
Nefandezze da parte di ritenuti esseri umani che inevitabilmente hanno suscitato clamore mediatico. Pericoloso questo clamore se rimane l’unica cosa che questi fatti, pardon reati, riescono a suscitare unitamente ad una sete di vendetta travestita da giustizia emotiva che richiede dovrebbe pene esemplari.
Mi chiedo da tempo se la misura della pena sia capace -da sola- a contrastare i reati in danno degli animali sol pensando che quotidianamente vengono commessi efferati reati in danno di esseri umani punti, almeno secondo il codice penale, con pene ben più severe. Temo, ma potrei sbagliarmi, che si tratti di una sorta di ossessione sanzionatoria che non poche volte viene placata da una normativa simbolica utile soprattutto se non viene applicata. Umberto Veronesi sosteneva come le classificazioni disvelano la tendenza a trasformare un sentimento civile in una bandiera dietro la quale invece di un confronto di idee si propende ad uno scontro polemico e ideologico.
Proviamo invece a riflettere sulla tipologia dei reati in danno degli animali. Da quelli più comuni (nel senso di ricorsivi) a quelli di nuova generazione (etologicamente e geneticamente parlando) passando per quelli legalizzati (circo, zoo, attività di pesca e caccia, sagre paesane dove si utilizzano animali vivi, allevamenti intensivi). Questi ultimi “scudati” dall’ articolo 19-ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie della legge penale (la n.189/2004). Non dimenticando il traffico di cuccioli e i combattimenti tra animali. Reati questi ultimi strettamente collegati alla malavita organizzata.
Considerata proprio la tipologia e natura dei reati in danno degli animali credo si debba abbandonare l’emotività e quindi la superficie dei problemi (per intenderci la voglia di giustizialismo) per immergersi sino a raggiungere le profondità più buie dove troviamo credenze religiose, popolari, luoghi comuni e soprattutto tanta, troppa, ignoranza. Quella, mi sia consentito, che incrementa proprio il traffico di cuccioli e gli acquisti on line di animali, con tutte le conseguenze per il benessere degli stessi animali. Non dimenticando, come detto, le interferenze con la criminalità che si insinua all’interno del mondo degli animali proprio in questi ambiti. A vari livelli. Mai dimenticando che taluni comportamenti aberranti verso gli animali devono essere letti e interpretati come segnali predittivi di futuri reati in danno di esseri umani.
Una politica di contrasto a tali retai non può ridursi a mera repressione e forse occorre partire da un differente punto di vista che non può ignorare la scuola. Solo attraverso l’educazione e la diffusione di una nuova cultura potrà effettivamente modificarsi il nostro rapporto con gli animali non umani e forse con l’alterità in tutte le sue forme. La scuola, oggi sottovalutata e bistrattata, può traghettare i suoi studenti da una visione antropocentrica ad una visione biocentrica che porti al rispetto dell’altro non perché previsto da una norma ma a prescindere da essa. Anche con l’aiuto della riformata educazione civica a patto che non sia intesa come catechismo costituzionale. Come anche grazie alla recente legge antibullismo che ha inteso nde rafforzare la precedente n.71 del 2017 su prevenzione e contrasto al cyberbullismo soprattutto in ambito scolastico, estendendo le pene anche al fenomeno del bullismo.
Avv. Filippo Portoghese
Diritto e tutela del benessere degli animali