L’attaccamento uomo-animale è uno dei maggiori campi di studio degli IAA.
La relazione tra l’uomo ed il proprio cucciolo domestico è molto importante nello sviluppo della regolazione delle emozioni, delle competenze sociali e della salute mentale nei bambini, così come negli adolescenti e negli adulti.
Il legame profondo che lega gli uomini e gli animali ha anche un corrispettivo neurofisiologico: accarezzare un cane o un gatto, infatti, aumenta il livello di ossitocina, ormone prezioso nell’allattamento e nelle prime fasi di vita, alla base – come mostrano gli studiosi – della relazione di attaccamento e accudimento tra uomo e animale. Questo ormone ci aiuta a creare legami con chi ci dà un senso di sicurezza, agisce sui livelli di cortisolo, ha effetti benefici sulla pressione arteriosa, riduce stress e ansia.
Il tema è stato sviluppato e approfondito nel primo libro dedicato alla “pet therapy” “L’attaccamento agli animali” (di Turner, Beetz, Julius e altri, edizioni Hogrefe, 2014) in cui una squadra di esperti internazionali, biologi e psicologi ha integrato e coniugato sofisticate conoscenze.
Gli autori hanno creato un fondamento scientifico integrato per la terapia assistita con gli animali, fondamento che servirà a facilitare lo sviluppo, l’implementazione e la valutazione di nuovi ed efficaci interventi.
In questi 9 anni la ricerca è andata avanti basandosi – come sempre nel nostro campo – sulla pratica e sui nuovi bisogni a cui ci è stata richiesta una risposta professionale.
I postumi della pandemia e i danni che ha provocato o – meglio – amplificato hanno fatto tornare in auge il perché dell’”animale che fa bene”, soprattutto tra i giovani, i più danneggiati dagli effetti dell’isolamento forzato.
A livello personale, l’animale crea una comunicazione diversa, immediata e senza filtri operando su meccanismi emotivi che si producono e si sviluppano all’interno della relazione stessa con relativi cambiamenti psicologici e, come abbiamo detto, neuro-endocrinologici. È uno stimolo diretto e empatico che induce un ingaggio relazionale in una dimensione di reciprocità attraverso segnali non verbali come lo scodinzolare, cercare una carezza, tentare un contatto. Questo avviene maggiormente quando l’animale è educato a farlo, ma resta necessaria anche la spontaneità. Non fa altro che mettere in luce le nostre emozioni: ci risveglia emotivamente quando non riusciamo a immaginare una progettualità e siamo senza speranza.
Francesca Mugnai
Associazione Antropozoa
Responsabile Pet Therapy
presso Ospedale Pediatrico A. Meyer FIRENZE