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Il cane e il dolore: un contenitore emotivo

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Il cane ha un ruolo decisivo nella gestione e nel superamento del dolore. Studi e pratica lo dimostrano ormai da tempo

Ma perché ha questa funzione riparativa  e contenitiva nei confronti del dolore non solo fisico, ma soprattutto psicologico?
Per tanti motivi.

In primis perché la relazione guidata con un cane in un setting protetto distrae e protegge, permettendo  di trasferire l’attenzione dal proprio malessere a una diversità ricca di stimoli, come quelli portati dalla presenza animale, di contenere l’ansia di un momento particolarmente difficile, di concentrarsi su “altro” con conseguenti riflessi positivi sull’umore, sulla riduzione della paura, sul recupero psicofisico.
E’ efficace perché crea e costruisce una comunicazione diversa, immediata e senza filtri operando su meccanismi emotivi che si producono e si sviluppano all’interno della relazione stessa, con relativi cambiamenti psicologici e neuro-endocrinologici.
Funziona perché la presenza di un animale, rompendo le barriere relazionali, permette di depotenziare le  situazioni di blocco emotivo, favorendo l’autostima  e l’autocontrollo e fornendo uno stimolo multidimensionale per il raggiungimento dell’equilibrio e di autoregolazione emotiva.
Funziona semplicemente perché con la sua presenza alleggerisce un sistema, pesante preoccupante ansiogeno. Lo abbiamo visto nella pandemia: il prendersi cura di un cane, ha permesso a tanti di superare un lungo periodo di solitudine e di paura, di tornare alla normalità anche solo per qualche minuto. Di coltivare la cura delle piccole cose.
Funziona perché come ormai è dimostrato che  la relazione con l’animale stimola l’ossitocina, ossia l’ormone dell’attaccamento, migliora i livelli di cortisolo, ha effetti benefici sulla pressione arteriosa, riduce stress e ansia. L’istinto alla cura reciproca che si crea tra uomo e animale, stimola poi una reazione diversa; il “ce la devo fare anche per lui”.
Avremmo tanti casi di cui parlare in termini di benefici neuropsichiatrici nell’incontro con un animale mediato da un operatore di interventi assistiti: ne abbiamo affrontati tanti in ospedale, in fattoria, nei centri di cura.

Ma ci sono dei momenti in cui non funziona, in cui il rapporto con l’animale non porta benefici in termini di riduzione del dolore. Lo abbiamo detto spesso: l’animale non è una panacea a tutti i mali, neanche in quelli psicologici e neuropsichiatrici.  Non lo è quando non si vuole la relazione. E non può esistere forzatura, sarebbe solo dannosa. Provarci non significa riuscirci. Insistere significa non arrendersi alla volontà di non volere comunicare.

Ma quando questa “voglia di relazione” esiste, allora sì che ci possiamo affidare al nostro rapporto con l’animale che può diventare fondamentale nella gestione e mitigazione del dolore, creando senso di sicurezza come un grande, meraviglioso contenitore emotivo.

Francesca Mugnai
Responsabile Pet Therapy
presso Ospedale Pediatrico A. Meyer FIRENZE